martedì 13 marzo 2012

Malae levae currunt

Tutto è cominciato con la caduta del muro, cantano i Punkreas, e a guardare l'evoluzione di imponenti settori della sinistra europea e della sinistra italiana verrebbe da dargli ragione.

Dov'è finito l'ex PCI? Si è spostato sempre più a destra, fino a realizzare un impossibile matrimonio di comodo (che poi tanto comodo non è...) tra cattolici e postcomunisti, tra liberali e laburisti - un progetto cattosocialdemocratico capace di scontentare tutti e incapace di prendere chiaramente posizione.

Ma ultimamente il PD sembra aver trovato di nuovo l'unità in nome della TAV. SìTAV, ovviamente.
Parlando con loro il ritornello è bene o male sempre lo stesso: progresso, posti di lavoro, merci, economia economia economia...

A questo blasfemo e terribile ritornello voglio rispondere chiaramente: il progresso non può più prescindere dal rispetto. Rispetto per chi? Per noi, per gli altri, per il territorio. Per i nostri figli.

Se per il progresso si può stuprare una valle ed ignorare il volere dei suoi abitanti, allora voglio poter rifiutare questo modello: non sarò un fan della decrescita, ma sicuramente il progresso in stile ottocento - fatto senza chiedere nulla - non fa parte del mio dna né fa parte di ciò che la sinistra è per me.

Qual è la differenza rispetto ai conquistadores? Anche quello, riflettendoci bene, era un modello di progresso...

Considerando che la TAV andrà poi a servire un bacino d'utenza molto molto ridotto - già le Frecce sono abbastanza inarrivabili per i comuni mortali - non vedo il ritorno economico tanto prospettato.
Altra considerazione importante: come tutte le grandi opere, è estremamente vulnerabile alle infiltrazioni mafiose. Vogliamo davvero regalare un'altra grande opera alle mafie?

Alle volte mi pare che il PD e i suoi iscritti abbiano gli occhi foderati di prosciutto. O magari sono semplicemente io che vedo pericoli ovunque.

Fatto sta, che la TAV sarebbe meglio lasciarla in un cassetto e pensare a riammodernare e sistemare il trasporto già esistente, prima di buttare dalla finestra 20 miliardi per un'opera che FORSE ripagherà tra 15 anni.

venerdì 9 marzo 2012

Siamo di sinistra e ci piace la piramide di Cheope

Noi siamo di sinistra. Ci piacciono i cantieri, ci piacciono le infrastrutture e gli investimenti perché vediamo i posti di lavoro che creano ora per costruire e domani nelle imprese che potranno produrre meglio e a meno e vendere il frutto del lavoro in tutto il mondo.

Ci piace il benessere, ci piace talmente tanto che vogliamo sia per tutti. E per farlo bisogna costruire, espandere, produrre, ché il Servizio Sanitario Nazionale non si paga coi soldi del Monopoli. E serve lavoro, ora, domani e fra cent’anni. E se riusciamo a farlo riducendo lo spropositato uso di trasporto su cammello che tanti danni fa all’ambiente, al traffico e alla sicurezza, tanto meglio!

Non ci piace chi blocca ideologicamente persino quei pochi investimenti che ci sono rispetto a quelli che dovremmo fare per uscire dalla crisi; non ci piace chi dà un peso spropositato ad una sensazione, perché altro non c’è e quello che c’era è stato affrontato quando al governo c’era Tutankhamon discutendone, e basandosi su queste farà pagare tutti noi in posti di lavoro. Non ci piace perché saranno i più deboli a pagarne per primi.

E non ci piace. Perché siamo di sinistra.

E voi, col vostro linguaggio da destra reazionaria “per la difesa del Sahara”, no.


(Tratto da: "Mosé: rivoluzionario o reazionario?", cap. VII "Costruire la Piramide di Cheope - la posizione dei partiti egiziani", edizioni Al-Qahira)